O per un nebbiolo scambiato per un Sangiovese.
O per un vermentino confuso per un Sauvignon? O perché l’Italia produce solo il 15% del vino mondiale e non il 30%?
Ok ok, andiamo con ordine.
Ma dico io? Tra la muffa grigia e il mal dell’esca, quale è una malattia della vite???
Il mal dell’esca naturalmente! E invece no! La botritys cinerea definita una malattia! Ma non era nobile???
Ordine. Facciamo ordine…
Winetip sembra aver letto nel pensiero del Bombe e ieri sera organizza la serata “Wine quiz: giochiamo?”
Regole:
ci si iscrive a squadre, possibilmente di 4, e chi vince si porta a
casa una bottiglia di vino. E il giudizio dell’arbitro è insindacabile.
E ovviamente “L’educazione alcolica” c’è. Composta da Mauro, Davide, MG e Betty.
Primo
quiz: rispondi a 10 domande a risposta multipla. Fila liscio: 9/10, non
ci lamentiamo anche se c’è chi fa l’ein plein, ma c’è tempo per
recuperare.
martedì 19 marzo 2013
Per il “mal dell’esca” Martin perse la cappa…
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lunedì 18 marzo 2013
Federico Curtaz: Libertaaaaaaaaaaa!
Federico Curtaz: Libertaaaaaa!
"Lasciate ai viticoltori la libertà di guardare avanti senza integralismi legati agli autoctoni."
La frase di chiusura dell'intervento dell'enologo Federico Curtaz (collabora con aziende di diverse regioni tra cui Liguria, Toscana e Sicilia) alla serata Ais di qualche settimana fa continua a ritornarmi in mente.
Forse era gia' nella sua scaletta o forse l'ha detta vedendo facce perplesse o nasi storti mentre parlava e faceva assaggiare un touriga nacional in purezza prodotto a Dolceacqua dalla giovane azienda Altavia che si e' affidata totalmente alla creativita' del celebre enologo.
Prima di quella frase, confesso, mi stavo proprio chiedendo che senso avesse piantare in Liguria un touriga nacional. Ripercorrendo tutto il suo intervento mi sembra di aver capito che la scelta dell'enologo, al di la' di spingere la propria vena creativa fino a stupire, vuole essere un ennesimo accorato richiamo al concetto di terroir. In quella zona le caratteristiche del terroir richiamano quello delle zone del Portogallo dove il touriga da' il meglio di se'. E allora, per un attimo, si prova a dimenticarsi del Dolceacqua (che l'azienda comunque produce dopo aver rilevato le vigne dal mito Mandino Cane) e ci si spinge - come appunto sottolinea "l'amico" Curtaz - più avanti esplorando le potenzialità del terroir.
Fino a qui ci sto. La mia mente inizia un po' ad aprirsi. Anzi, gia' si era aperta assaggiando e apprezzando i vini della prima azienda presentata, i vermentino/viognier di Montepepe.
Ma quando si passa al sangiovese di Colle Santa Mustiola e con orgoglio ne viene esaltata la sua somiglianza ad un brunello o a un nobile allora il discorso cambia. Va bene la creatività dell'enologo ma nella mia mente un'apertura così ampia non ci sta proprio!
Inviato da iPad
"Lasciate ai viticoltori la libertà di guardare avanti senza integralismi legati agli autoctoni."
La frase di chiusura dell'intervento dell'enologo Federico Curtaz (collabora con aziende di diverse regioni tra cui Liguria, Toscana e Sicilia) alla serata Ais di qualche settimana fa continua a ritornarmi in mente.
Forse era gia' nella sua scaletta o forse l'ha detta vedendo facce perplesse o nasi storti mentre parlava e faceva assaggiare un touriga nacional in purezza prodotto a Dolceacqua dalla giovane azienda Altavia che si e' affidata totalmente alla creativita' del celebre enologo.
Prima di quella frase, confesso, mi stavo proprio chiedendo che senso avesse piantare in Liguria un touriga nacional. Ripercorrendo tutto il suo intervento mi sembra di aver capito che la scelta dell'enologo, al di la' di spingere la propria vena creativa fino a stupire, vuole essere un ennesimo accorato richiamo al concetto di terroir. In quella zona le caratteristiche del terroir richiamano quello delle zone del Portogallo dove il touriga da' il meglio di se'. E allora, per un attimo, si prova a dimenticarsi del Dolceacqua (che l'azienda comunque produce dopo aver rilevato le vigne dal mito Mandino Cane) e ci si spinge - come appunto sottolinea "l'amico" Curtaz - più avanti esplorando le potenzialità del terroir.
Fino a qui ci sto. La mia mente inizia un po' ad aprirsi. Anzi, gia' si era aperta assaggiando e apprezzando i vini della prima azienda presentata, i vermentino/viognier di Montepepe.
Ma quando si passa al sangiovese di Colle Santa Mustiola e con orgoglio ne viene esaltata la sua somiglianza ad un brunello o a un nobile allora il discorso cambia. Va bene la creatività dell'enologo ma nella mia mente un'apertura così ampia non ci sta proprio!
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venerdì 1 marzo 2013
La degustazione che vorrei
Una recente degustazione di Barolo all’enoteca Ronchi di Milano mi ha dato lo spunto per una riflessione sull’offerta di degustazioni di vino a Milano e su quello che sarebbero per me le degustazioni ideali.
Alla Ronchi abbiamo avuto una classica bella serata di degustazione: una presentazione didattica per iniziare, 6 ottimi vini (+ 2 extra) degustati sotto la guida di relatori competenti e piacevoli, un gustoso piatto in abbinamento, un ambiente rilassato e un pubblico abbastanza partecipe.
Alla fine ne sono uscito pensando “sì, ok, tutto molto bello, ma…”. Un tarlo ha cominciato a rodermi, il pensiero che mi piacerebbe qualcosa di nuovo, di diverso, di più.
Allora ho pensato di fissare i requisiti della mia degustazione ideale, con la speranza di stimolare una discussione e magari far diventare questo post un punto di partenza per un dibattito che sia fonte di ispirazione per chi propone le serate.
La degustazione che vorrei è fatta così:
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