Serata misteriosa quella sui "B-Wines", organizzata dall’Enoteca Ronchi di Milano nella settimana del Vinitaly. Sulla pagina dell’evento pubblicata sul sito compaiono solo 3 dei 5 vini in degustazione, fra i quali campeggia un etichetta retrò, stile locandina anni Settanta: Le Pergole Torte. Ed il vino dell’azienda Montevertìne ha veramente segnato la storia dell’enologia italiana fin da quegli anni. Nel 1967 Sergio Manetti, dopo aver ristrutturato una fattoria a Radda in Chianti, pur producendo un sangiovese in purezza nel cuore del Chianti Classico, si sfila dal celebre Consorzio del Gallo Nero e crea uno dei capostipiti dei “Supertuscans”, poi fioriti in quegli stessi anni con Sassicaia (1968) e Tignanello (1970). Data la fama del vino, vi risparmio le mie lodi rimandandovi alle più autorevoli descrizioni in giro per il web, precisando solamente che si trattava di un 2008, eccellente ma che richiede ancora un paio d’anni in bottiglia.
Questo vino, da solo, valeva la serata (io mi sono iscritto appositamente…), ma devo ammettere che nonostante la mia diffidenza sui vini più o meno “bio”, Simone e Nicola hanno saputo stupirmi con altri vini di sicuro valore (soprattutto gli ultimi due):
Questo vino, da solo, valeva la serata (io mi sono iscritto appositamente…), ma devo ammettere che nonostante la mia diffidenza sui vini più o meno “bio”, Simone e Nicola hanno saputo stupirmi con altri vini di sicuro valore (soprattutto gli ultimi due):
- Cerasuolo 2007 (100% montepulciano), azienda Valentini. Edoardo Valentini è stato l’artigiano abruzzese del vino fin dagli anni Settanta: solo trebbiano e montepulciano in purezza, vinificati senza controllo di temperatura ed affinati in botte grande. Il Cerasuolo, terzo vino dell’azienda e spesso dimenticato, si presenta con un color mattone scarico che ti fa pensare ad un vecchio nebbiolo. Al naso libera toni pungenti di smalto e solventi, aprendosi lentamente su una piccola nota di piccoli frutti rossi, per poi tornare ad essenze eteree ad ogni piccolo movimento del bicchiere. In bocca entra rotondo ed alcolico, ma lascia il palato piacevolmente fresco, con note finali di ciliegie sotto spirito.
- Lagrein Riserva 2006, dell’azienda Nusserhof di Egna (BZ), nella bassa Valle Isarco. Heinrich Mayr è stato il primo produttore in Italia a puntare interamente sul biodinamico. Acciaio e breve passaggio in botti grandi di rovere di Slavonia (niente barriques, come vorrebbe l’ultima “moda” del lagrein), regalano un naso ricco di frutti di bosco e spezie dolci, anche se inizialmente nel bicchiere libera note selvatiche ed animali. Il sorso si rivela però di una freschezza tagliente, rivelando tannini (della buccia) che richiamano un ribes leggermente acerbo. Inadatto da solo, è sicuramente più redditizio in abbinamento a selvaggina (cervo, capriolo).
- Sabbie di Sopra il Bosco 2008 (45% pallagrello nero, 45% casavecchia, 10% aglianico) azienda Nanni Copè (Terre Del Volturno IGT, zona dell’alto casertano). Giovanni Ascione, giornalista e degustatore, autore di Bibenda e grande appasionato di Borgogna, nel 2007 ha comprato due ettari di terreno nella sua terra d’origine, salvando dall’estirpazione alcune vigne ultracentenarie (a piede franco) di casavecchia e pallagrello nero, coltivate ad alberata aversana ed alte 3-4 metri, per produrre 7.500 bottiglie di un vino che alla sua prima vendemmia ha ottenuto l’eccellenza da tutte le grandi guide enologiche italiane, ad un prezzo imperdibile (circa 26 Euro). Di un rubino denso, al naso è un vino misterioso, cupo, terroso, con sentori minerali, ferrosi ed a tratti sulfurei, dove esce lentamente la frutta rossa in confettura. In bocca è caldo ed avvolgente, da vero vino del Sud, pur rimanendo di una finezza sorprendente, con un tannino levigato da tonneaux da 5 ettolitri (rovere francese nuovo ma con una tostatura leggera ed impercettibile). Parafrasando un vecchio spot con Sofia Loren, una sola parola: ACCATTATEVILLO!!!
- Bricco Appiani 2004 (100% cabernet sauvignon) azienda Flavio Roddolo. Monforte d’Alba, vigneto con esposizione ottimale, terreni calcarei ricchi di marne blu. Cosa vorreste di più per produrre un grande nebbiolo? Piantati pochi ettari di cabernet sauvignon nel periodo della grande crisi del Barolo, Roddolo ha invece saputo creare un prodotto unico nel suo genere, che ha mantenuto un'eccellenza immutata nel tempo (Veronelli lo definì il miglior cabernet sauvignon d’Italia). Unisce le note erbacee del vitigno bordolese ad una bocca per nulla “ruffiana”, ma sorprendentemente tannica, gessosa e minerale, che rivela tutta la sua origine langarola nonostante l’affinamento in barriques ed un piccolo passaggio in botte grande. 2.700 bottiglie numerate ad un rapporto qualità/prezzo elevatissimo (circa 30 Euro!!!): se lo trovate, non fatevelo scappare! Ma apritelo fra un paio d’anni e, dato che è un cabernet sauvignon, magari qualcuno di voi si ricorderà di me stappandolo...
- Lagrein Riserva 2006, dell’azienda Nusserhof di Egna (BZ), nella bassa Valle Isarco. Heinrich Mayr è stato il primo produttore in Italia a puntare interamente sul biodinamico. Acciaio e breve passaggio in botti grandi di rovere di Slavonia (niente barriques, come vorrebbe l’ultima “moda” del lagrein), regalano un naso ricco di frutti di bosco e spezie dolci, anche se inizialmente nel bicchiere libera note selvatiche ed animali. Il sorso si rivela però di una freschezza tagliente, rivelando tannini (della buccia) che richiamano un ribes leggermente acerbo. Inadatto da solo, è sicuramente più redditizio in abbinamento a selvaggina (cervo, capriolo).
- Sabbie di Sopra il Bosco 2008 (45% pallagrello nero, 45% casavecchia, 10% aglianico) azienda Nanni Copè (Terre Del Volturno IGT, zona dell’alto casertano). Giovanni Ascione, giornalista e degustatore, autore di Bibenda e grande appasionato di Borgogna, nel 2007 ha comprato due ettari di terreno nella sua terra d’origine, salvando dall’estirpazione alcune vigne ultracentenarie (a piede franco) di casavecchia e pallagrello nero, coltivate ad alberata aversana ed alte 3-4 metri, per produrre 7.500 bottiglie di un vino che alla sua prima vendemmia ha ottenuto l’eccellenza da tutte le grandi guide enologiche italiane, ad un prezzo imperdibile (circa 26 Euro). Di un rubino denso, al naso è un vino misterioso, cupo, terroso, con sentori minerali, ferrosi ed a tratti sulfurei, dove esce lentamente la frutta rossa in confettura. In bocca è caldo ed avvolgente, da vero vino del Sud, pur rimanendo di una finezza sorprendente, con un tannino levigato da tonneaux da 5 ettolitri (rovere francese nuovo ma con una tostatura leggera ed impercettibile). Parafrasando un vecchio spot con Sofia Loren, una sola parola: ACCATTATEVILLO!!!
- Bricco Appiani 2004 (100% cabernet sauvignon) azienda Flavio Roddolo. Monforte d’Alba, vigneto con esposizione ottimale, terreni calcarei ricchi di marne blu. Cosa vorreste di più per produrre un grande nebbiolo? Piantati pochi ettari di cabernet sauvignon nel periodo della grande crisi del Barolo, Roddolo ha invece saputo creare un prodotto unico nel suo genere, che ha mantenuto un'eccellenza immutata nel tempo (Veronelli lo definì il miglior cabernet sauvignon d’Italia). Unisce le note erbacee del vitigno bordolese ad una bocca per nulla “ruffiana”, ma sorprendentemente tannica, gessosa e minerale, che rivela tutta la sua origine langarola nonostante l’affinamento in barriques ed un piccolo passaggio in botte grande. 2.700 bottiglie numerate ad un rapporto qualità/prezzo elevatissimo (circa 30 Euro!!!): se lo trovate, non fatevelo scappare! Ma apritelo fra un paio d’anni e, dato che è un cabernet sauvignon, magari qualcuno di voi si ricorderà di me stappandolo...
Alla vostra !!!
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