domenica 29 gennaio 2012

26-1-2012 - “COTARELLA DAY” a Milano

Un banco di degustazione pomeridiano con oltre un centinaio di etichette più un grande serata con un’orizzontale (tutte bottiglie dell’annata 2001) di 13 dei suoi “gioielli”… Insomma, un’intera giornata dedicata ad un winemaker che tutto il mondo ci invidia: Riccardo Cotarella.
Cresciuto in una famiglia di vignaioli al confine tra Umbria e Lazio, “invidiando” i più celebri vini toscani e piemontesi, Cotarella ha deciso di dimostrare quanto conta l’impronta dell’uomo sul prodotto finale, dedicandosi alla sperimentazione di nuove tecniche enologiche e alla sfida di impiantare vitigni “apparentemente incompatibili” in territori ritenuti, spesso a torto, incapaci di dare grandi risultati.
13 vini… Già immagino qualcuno dei co-autori di questi blog mettersi le mani nei capelli, sapendo del mio stile narrativo non proprio “sintetico”… E per questo mi auto-limiterò (non senza fatica, confesso!) a descrivervi solo i migliori 3.

Montiano (100% merlot), azienda Falesco (la storica azienda della famiglia Cotarella). Questo capolavoro “fatto in casa” nasce nel 1988, al ritorno da un viaggio a Bordeaux. I fratelli Cotarella, affascinati dall’eleganza di questo vitigno, acquistano alcune barbatelle per piantarle nel loro vigneto del viterbese (<< là dove si faceva solo “Est! Est!! Est!!!” >> commenta Riccardo, tant’è che si tratta di un IGT Lazio) e vinificarle in purezza. Il 2001 è di un rubino fitto con riflessi granati; il naso ampio ed intenso, su note fruttate di mora e ribes nero in confettura, poi alloro, noce moscata, vaniglia (un anno di barrique ben dosato…), inchiostro, torba, polvere di cacao amaro, il tutto su una base piacevolmente mentolata. In bocca entra pieno e morbido, avvolgendo le guance con una spinta alcolica perfettamente bilanciata tra un’ancora sorprendente freschezza ed un tannino accennato ma mai fastidioso; chiude elegante e lunghissimo su una scia fruttata, con quella punta balsamica degna di un grandissimo merlot.

Montevetrano (60% cabernet sauvignon, 30% merlot, 10% aglianico), dell’omonima azienda del salernitano, dove la “verace” ed ambiziosa Silvia Imparato, presente in sala, ha chiesto la collaborazione di Cotarella per << fare un solo vino, ma fare uno dei migliori vini del mondo >> e, a mio avviso, non si sono allontanati tanto da questo obiettivo… Forse non solo a mio avviso, dato che nel 1993 - alla terza vendemmia e dopo solo un paio d’anni di sperimentazioni – durante un viaggio in America, Cotarella fa visita a Robert Parker portandogli, fra l’altro, alcuni campioni di Montevetrano appena imbottigliati. Per il grande guru americano è amore a prima vista, tanto da fargli pubblicare immediatamente una recensione che in breve tempo fa il giro degli Stati Uniti, facendolo diventare un richiestissimo vino da collezione. Il 2001, di un granato intenso e luminoso, regala un elegante bouquet fruttato di ciliegia e marasca matura, che virano verso la confettura; subito dopo emergono menta (delicata), noce moscata, tabacco dolce, legno di sandalo, con qualche piacevole accenno erbaceo di finocchietto selvatico a rivelare comunque la predominanza del cabernet sauvignon. L’attacco in bocca parte su un tannino muscoloso e ben presente, che funge da telaio per sostenere il connubio tra le morbidezze ed un’acidità ancora viva; in chiusura, sfuma su un lunghissimo retrogusto di cioccolato fondente, intenso ma non amaro, con il richiamo di note balsamiche e di menta.

Terre da Lavoro (80% aglianico, 20% piedirosso) azienda Galardi (zona del casertano al confine con il Lazio, sui colli che sovrastano il Golfo di Gaeta). Fra i 3 vini qui descritti è sicuramente quello che più premia l’utilizzo dei vitigni autoctoni, coniugando la potenza dell’aglianico (soprannominato, non a caso, il “barolo del Sud”) all’eleganza e la finezza del piedirosso (che recentemente si sta riscoprendo come ottimo vino da vinificare anche in purezza). Il 2001 è un granato impenetrabile, tanto che la prima sensazione suggerita al naso sembra essere propria quella dell’inchiostro… Si apre lentamente nella sua immensa complessità tra l’invitante fruttato di mora e susina in confettura, un delicato floreale (violetta, glicine), una nota esotica di tamarindo e legno di sandalo, profumi di sottobosco (resina, bacche di ginepro, eucalipto) ed una punta minerale di grafite e pietra lavica, che rivela le origini vulcaniche del sottosuolo. In bocca colpisce deciso, voluminoso, quasi arrogante al primo assaggio, dove il tannino imponente suggerisce che questo vino potrebbe tranquillamente sopportare altri 10 (!!!) anni in bottiglia senza esserne minimamente danneggiato… Poi riemergono le morbidezze, che sciolgono sul palato gocce di cioccolato fondente lievemente amarognolo, con una piacevolezza tale da perdere la cognizione di quanto sia interminabile la persistenza di questo vino.

In chiusura, citazione doverosa per i vini piazzatisi, in questa mia ideale classifica, al quarto e quinto posto: il montepulciano in purezza Adrano di Villa Medoro (DOCG Colline Teramane), suadente ed ipnotico al naso quanto potente in bocca, ed il “mio” mitico sangiovese di Romagna, l’Avi di San Patrignano, freschissimo e morbidamente tannico, che suggerisce subito una bella costata di manzo come accompagnamento. Fuori classifica (in quanto vino bianco passito), ma straordinario ed assolutamente da provare: il Vin Santo dell’azienda La Palazzola (IGT Umbria), realizzato con metodo ancestrale in piccoli caratelli di legno.
Ho già trovato in giro per Milano alcune annate interessanti di questi vini (ed ho cominciato a risparmiare per acquistarli!) Comunque, dato che il 1° febbraio è il mio compleanno, se qualcuno avesse carenze di idee… Ovviamente sarei disposto a condividere la bottiglia con voi… ;-)

Alla vostra !!!

mercoledì 25 gennaio 2012

Il Cile...e chi se lo sarebbe aspettato?

Lasciatemi raccogliere, in modo forse fin troppo sintetico per rendere bene l'idea della serata, gli appunti dell'evento organizzato ieri sera da WineTip a Milano sul Cile.

Con gran sorpresa apprendo che il Cile è il 6° produttore di vino al mondo (e ora che lo so, non avevo mai bevuto un vino cileno prima dovrei forse auto-sospendermi il diploma di sommelier!!) del quale il 60% è destinato all'esportazione.
In Cile non sempre il vino ha seguito le logiche della tradizione, del terroir e della qualità cui tanto siamo affezionati in Europa. Così fino agli anni 90 ha "inseguito" i paesi produttori vicini finendo con il produrre vino da vitigni internazionali e che godevano di una certa fama...

Per anni, ad esempio, hanno prodotto un Sauvignon Blanc che era in realtà Semillon o Sauvignonasse (che pare non abbia nulla a che fare con il Sauvignon) ed è servito un caso giornalistico perchè degli enologi e degli agronomi facessero le dovute indagini e "svelassero l'assassino".

Ma forse è proprio grazie a questo "scandalo" che il vino il Cile cambia regole e pretende trasparenza, qualità e si afferma come produttore del "Nuovo Mondo" a piano titolo. Al punto che molti grossi produttori europei avviano delle joint venture e inviano i loro enologi a seguirne la produzione.

E alcuni dei vini in degustazione ieri sera, sono proprio il prodotto di queste joint venture.
Eccoli qui:
  • Equus Carmenere 2004 - Haras de Pirque (100% carmenere), prodotto nella Maipo Valley, affina per 9 mesi in barrique fracesi e le uve sono lasciate a macerare a freddo per 5 giorni. Al naso è intenso, complesso e fine, con note fruttate, vegetali (ma non immaginate il peperone verde!!!), balsamiche (note di sottobosco, di pino...). Indubbiamente il mio preferito tra i 4 proposti in degustazione!
  • Albis 2002 - Antinori - Haras de Pirque (70% cabernet sauvignon 30% carmenere), prodotto nella Maipo Valley esempio delle joint venture di cui sopra.
  • Syrah Folly 2000 - Montes (100% Syrah), prodotto nella regione della Colchagua, nella Apalta Valley, passa 18 mesi in barrique e l'Azienda riporta che le vigne sono piantate in terreni con pendenze fino a 45°. Ragione per la quale è stato dato questo nome al vino...perchè in quei pendii, pensare di piantare un vigneto è una follia.
  • Syrah Alpha 1999 - Montes (100% Syrah) prodotto nella Valle de Santa Cruz. Considerando l'età sia il colore che la fragranza olfattiva sono una vera sorpresa. 

domenica 22 gennaio 2012

“CASTELLO DI CIGOGNOLA”: il barbera in paradiso…

Il (o, come molti sostengono sia più corretto, “la”) barbera, un vitigno utilizzatissimo nel nord-ovest d’Italia, ma troppo spesso declassato al cospetto di due “pezzi da 90” che in questa zona ne oscurano la visibilità: il nebbiolo in Piemonte ed il pinot nero nell’Oltrepo Pavese.
Se però hai alle spalle le potenzialità della famiglia Moratti (e, devo dire, anche l’incredibile passione di Gianmarco, che è decisamente apparso più simile ad un grande produttore, che ad un freddo imprenditore con l’hobby del vino) e le idee di un enologo come Riccardo Cotarella (il creatore del sangiovese “Avi” di San Patrignano), nessuna sfida è impossibile…
Direttamente dalla tenuta del Castello di Cigognola (PV), infatti, ecco due interessanti verticali di barbera in purezza, il “DodiciDodici” (1212 è l’anno di costruzione del Castello) e “La Maga” (dall’omonimo cru aziendale).
Fin dal primo assaggio appare riduttivo etichettare il DodiciDodici semplicemente come il vino “base” dell’azienda. Fra le annate degustate è il 2007 – che si merita ben oltre gli 80 punti – quella più rappresentativa. Un'estate calda e soffocante ha generato un vino di un rosso rubino cupo, con profumi di piccoli frutti neri maturi e di macchia mediterranea (corbezzolo, mirto, ginepro, tamarindo...). In bocca offre subito un tannino deciso, che però sfuma lentamente, lasciando spazio ad una freschezza importante, buona sapidità e lunghissima persistenza su un finale morbido e succoso.
La Maga rappresenta invece la selezione dei migliori vini prodotti dalla vigna più antica e con la migliore esposizione (sud-ovest), dopo 12 mesi di maturazione che avviene per metà in botte grande e per metà in barriques di rovere francese di secondo passaggio. Qui è il 2006 il re incontrastato della serata: rosso granato fitto, al naso è un intrigante susseguirsi di sensazioni di frutta rossa sotto spirito (ciliegia, cassis), di eucalipto e pino mugo, che virano prima su note eteree di smalto e poi ritornano su un bouquet di spezie, dalla cannella ai chiodi di garofano. In bocca è caldo, fluido, giustamente tannico, elegantissimo ed equilibrato, con una lunga persistenza che lascia la bocca lievemente fresca, con un piacevolissimo richiamo balsamico già avvertito al naso. Un vino perfetto anche da solo, da meditazione, che sfiora i 90 punti.
Ultima chicca, meritevole di citazione, è un 2010 imbottigliato qualche giorno prima, frutto di una fermentazione malolattica molto lenta ed un affinamento in barriques che gli donano rotondità ed eleganza. Il color porpora tradisce la giovinezza di questo vino, che al naso si presenta floreale (su note di violetta, rosa ed oleandro) e piacevolmente fruttato (fragola e lampone), ma in bocca sorprende per potenza e pienezza, con una lunga persistenza di nocciola tostata. Già pronto da bere, è un vino che supera gli 80 punti e che sarà da tenere d’occhio perché fra qualche anno ne sentiremo sicuramente parlare.

Questa serata risale a novembre 2011, ma l’ho voluta rispolverare perché il 26 gennaio prossimo al Westin Palace Hotel di Milano ci sarà il “Cotarella Day”, un pomeriggio ed una serata dedicate alla degustazione dei vini di questo grande enologo italiano. Vi aspetto e vi invito dunque a non perdere questa occasione, perché degustando questi vini avrete l’ennesimo esempio del fatto che non esistono “vitigni di eccellenza” e “vitigni minori”, ma che il vino migliore è quello che riesce a coniugare la tradizione e la tipicità del vitigno con le potenzialità del territorio.
Alla vostra !!!

giovedì 12 gennaio 2012

Il re del Kerner

Un breve ma doveroso tributo a colui che ama definirsi The King of Kerner. Manni Nossing. Produtore di Varna, circa 25.ooo bottiglie l'anno suddivise tra Kerner, sylvaner, müller thurgau e gewurztraminer.
Manni ci accoglie nella sua cantina con il suo atteggiamento un po' burbero ma simpatico. Nella presentazione della sua produzione si sofferma sulle scelte da lui fatte in vigna negli ultimi anni. Il clima in Alto Adige sta cambiando. Le estati sono più calde e il Kerner iniziava a prendere un carattere eccessivamente alcolico e aromatico a scapito della freschezza. Pur molto apprezzato dalla critica, il suo Kerner stava pero' perdendo le sue caratteristiche di bevibilita' che, secondo Manni, non possono mancare in un vino fatto con un vitigno come il Kerner. Ed ecco quindi la scelta di anticipare la vendemmia e di ridurre il tono eccessivamente aromatico. E' ora soddisfatto del risultato e inizia ad ottenere una buona risposta dal mercato.
Alla fine della visita ci saluta cordialmente, ci invita a tornare e ci consiglia un ottimo ristorante per il pranzo. Non possiamo dire con certezza che sia lui il re del Kerner, di certo pero' l'incontro con lui e' uno di quelli che lascia il segno nel nostro viaggio enologico.


mercoledì 4 gennaio 2012

La professione dello champagnista

Durante questo periodo di ferie non potevano mancare alcuni interessanti incontri enologici.

Poco prima di Natale, io e Mauro accogliamo con entusiasmo l'invito dei proprietari dell'azienda La Spinetta per un aperitivo presso la storica cantina Contratto, la loro ambiziosa e affascinante ultima sfida. Siamo a Canelli, nel mezzo del Monferrato in una mattina di inverno e abbiamo subito la sensazione di respirare un'atmosfera anni settanta...

Arriviamo nella bellissima cantina di Contratto, una delle più belle visitate finora in Italia...e voi sapete bene quante io e Mauro ne abbiamo viste.

Mi piacerebbe, ma non mi dilungo a raccontare la tormentata storia dell'azienda e il percorso che l'ha portata fino a Giorgio Rivetti, l'attuale proprietario. Lo fa molto dettagliatamente il sito www.contratto.it che vi consiglio caldamente di visitare anche per rendervi conto, dalle immagini proposte, di quanto sia splendida questa cantina.

Mi limito, non potendo nemmeno soffermarmi sulla degustazione (con i miei micro assaggi di questo periodo di obbligata sospensione dell'attività di sommelier non mi permetto alcun tipo di commento) a raccontarvi l'incontro con Mauro, dipendente dell'azienda dal 1978, che ci ha accompagnato nella visita della cantina: lo champagnista. Un termine che ora non si può più usare in Italia dopo tutti i disciplinari e i protocolli internazionali? Vero, ma quando lui ha iniziato a lavorare per Contratto la sua professione si chiamava così e le bottiglie riportavano la dicitura Asti Champagne!!!

Il nome della sua professione sarà anche cambiato (ma qual e' ora?) ma Mauro continua a essere un esperto di remuage e di degorgement a mano. Il primo viene ancora praticato dall'azienda (per ora niente giro palette), il secondo solo per dimostrazione ai visitatori. La sua passione traspare dai suoi racconti e dal suo sguardo ed e' certo che Mauro rappresenta la storia dell'azienda. Mi piace pero' pensare che sarà, insieme ai proprietari, anche uno dei protagonisti della rinascita di questo storico marchio.

La visita, tra vecchie bottiglie, foto e macchinari dell'epoca lascia impresso il fascino della storia, ma quest'azienda si stava trasformando in uno splendido ma immobile museo. La sfida di Giorgio, sua moglie Anjia e tutta la loro squadra ora e' il presente e il loro entusiasmo e' vivo e tangibile e ce lo trasmettono nella splendida sala in cui ci deliziano con una degustazione di tutti i prodotti dell'azienda!

Quindi, occhio d'ora in poi all'inconfondibile rinoceronte de La Spinetta sul retro delle etichette delle bottiglie di Contratto!!!!

Torno a casa molto soddisfatta di questo bell'incontro e della meravigliosa ospitalita'. Mi rimane un po' la perplessità per una delle più belle cantine mai viste sul nostro territorio senza vigneti di proprieta' (le uve provengono dall'oltrepo). Un innaturale strappo con il territorio che fatico a metabolizzare. Mi auguro che la rinascita, magari nel lungo periodo, significhi anche valorizzazione del territorio...e...magari...un ripensamento sulle etichette...altro elemento, a mio avviso, da rivedere......

Ma lasciatemelo dire anche se so che potrò scatenare qualche critica...per fortuna e' arrivata la famiglia Rivetti prima dei russi che gia' si trovavano in zona.....